Relazione finanziaria 2023 Relazione sulla gestione
Bilancio consolidato
Bilancio separato
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Ma è soprattutto la dinamica del commercio mondiale a evidenziare la debolezza diffusa dell’economia, e nello specifico
la fragilità della domanda interna nelle varie Regioni. Previsto in contrazione dello 0,6% nel 2023, nel 2024 il commercio
mondiale si prevede tornerà a crescere al ritmo del 2,2%, con profonde differenze tra le maggiori aree economiche
mondiali.
Entrando nel merito di queste ultime, il già citato rallentamento dell’economia americana osservato nella parte finale
dell’anno è riconducibile a fattori di debolezza individuabili sia nel modello di crescita dei consumi delle famiglie, sia nelle
difficoltà che ancora affliggono il mercato residenziale, per quanto il punto di minimo sembrerebbe essere stato superato.
Sul fronte dei consumi, sono soprattutto le classi di reddito più basse a risentire della perdita del potere d’acquisto derivante
dall’elevata inflazione innescata dall’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Se, da una parte, la tenuta
del mercato del lavoro potrà continuare a sostenere il reddito delle famiglie, come è stato sino ad ora, dall’altra
l’esaurimento del tesoretto accumulato durante la pandemia che aveva consentito una continua riduzione della
propensione al risparmio, e quindi sostenuto la domanda, è destinato a ripercuotersi sui consumi dell’anno a venire,
determinando condizioni meno favorevoli alla crescita di questa voce di spesa. Sul fronte del mercato immobiliare
residenziale, le vendite delle abitazioni sono sui livelli di minimo a causa dell’accresciuto costo dei mutui ipotecari, legato
all’aumento del costo del denaro. L’effetto combinato di un mercato del lavoro più equilibrato (meno sbilanciato dal lato
dell’offerta) e di un rallentamento nei consumi contribuiranno al rientro graduale dell’inflazione che nel 2024, in assenza di
nuovi shock, nelle previsioni di Prometeia è attesa fermarsi al 2,5%, contro il 4,1% stimato per il 2023. Quanto al PIL, nel
2023 è prevista una crescita del 2,4%, che si ridurrà all’ 1,4% nel 2024.
Riguardo alla Cina, la crescita registrata nel 2023 (+5,5% nelle stime) è imputabile in larga parte ai consumi delle famiglie,
ma anche all’effetto statistico legato alla debolezza che l’ha caratterizzata nel 2022 (+3,0%). Nel Paese permane una
scarsa fiducia in una prossima ripresa, che si evidenzia nella crescita dei depositi bancari delle famiglie a un ritmo superiore
a quello medio pre-pandemia: a preoccupare sono sia la persistente elevata disoccupazione sia l’incertezza sullo sviluppo
del mercato immobiliare, che ha assorbito una parte dei risparmi presenti e prospettici a cui si unisce la scarsa efficacia
della politica economica che, per rilanciare la crescita, fa leva su settori già fortemente indebitati: gli stimoli agli investimenti
sono infatti diretti a governi locali e imprese a partecipazione pubblica, attori già chiamati in passato a comportamenti più
cauti per garantire la sostenibilità dei loro debiti. Per il 2024 la crescita della Cina è attesa al 4,5%, mentre l’inflazione è
prevista salire al +1,7% dal +0,9% del 2023. Il rallentamento dell’economia cinese, sul piano internazionale, si traduce in
un ribilanciamento degli equilibri a favore degli Stati Uniti che riaffermano la propria forza nell’economia globale: il
rafforzamento del dollaro rispetto alle principali valute riflette significativi afflussi di capitale. Le fonti di finanziamento del
disavanzo di parte corrente americano provengono infatti da tutte le aree del pianeta, dalla Cina ai Paesi produttori di
petrolio e Paesi che tradizionalmente vantano surplus commerciali, Giappone ed Europa in primis.
Infine, per quanto riguarda l’Eurozona, la debolezza che fino a metà 2023 sembrava caratterizzare soprattutto la Germania
si è poi estesa ad altri Paesi dell’area, peggiorando ulteriormente le già poco rosee prospettive di crescita. Nelle previsioni
di Prometeia, nel 2023 la crescita dell’UEM non andrà oltre lo 0,5% e nel 2024 arretrerà ulteriormente, fermandosi al
+0,4%. La scadenza delle misure adottate per far fronte alla crisi energetica e contrastare l’impoverimento delle famiglie,
unitamente alla necessità di riportare le finanze pubbliche su un sentiero di maggiore sostenibilità – a meno di nuovi shock
– lascia poco spazio a iniziative di sostegno all’attività economica da parte della politica di bilancio, senza contare che gli
effetti della restrizione monetaria su consumi privati e investimenti continueranno a manifestarsi, e verosimilmente a
intensificarsi. Anche in Europa, come negli Stati Uniti, la tenuta del mercato del lavoro darà un contributo positivo alla
formazione del reddito delle famiglie ma, a differenza di quelle americane, le famiglie europee sono caratterizzate da una
propensione al risparmio maggiore rispetto a quella pre-pandemia, lasciando intravvedere la possibilità di consumi privati
relativamente deboli anche nella prima metà del 2024, con due conseguenze: minori spinte al rialzo sui prezzi dal lato
della domanda, ma anche attese di un ritmo minore di crescita. Tutto ciò, unitamente alla crescita debole degli altri partner
commerciali, si tradurrà in una maggiore cautela nelle decisioni di ampliamento della capacità produttiva da parte delle
imprese e, dunque, in un freno alla crescita. Quanto alla dinamica dei prezzi, i minori consumi suggeriscono una discesa
più rapida dell’inflazione, che nel 2024 si assesterà sul 2,2%, a fronte del +5,4% del 2023.