Relazione finanziaria 2022 Relazione sulla gestione
Bilancio consolidato
Bilancio separato
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Per quanto il contributo delle materie prime alimentari e agricole all’inflazione complessiva sia tutt’altro che trascurabile
anche per le economie industrializzate, è soprattutto per le economie emergenti che la persistenza degli elevati prezzi di
questi beni primari rende ancora più difficile la ripresa, lasciando poco spazio per un allentamento delle condizioni
monetarie e rendendo necessario l’impiego di maggiori risorse per l’importazione degli stessi.
In sintesi, il miglior andamento rispetto alle attese registrato nella seconda parte dell’anno non implica necessariamente
che sia stato superato il punto di minimo del rallentamento economico, guidato dall’inflazione. Sebbene questa sembri
essersi stabilizzata negli Stati Uniti, i livelli sono ancora tali da non fermare la fase di rialzo dei tassi di policy avviata
dalla FED, permanendo dunque il rischio dell’avvio di una fase recessiva, con effetti negativi per l’economia mondiale, e
non solo statunitense. Quanto al vecchio continente, l’Europa, oltre a risentire della debolezza del ciclo economico
mondiale, è penalizzata da un’inflazione ancora in crescita e che, verosimilmente, non ha ancora raggiunto il suo picco,
persino nell’ipotesi – poco probabile – di assenza di nuove tensioni sui mercati energetici e del gas.
Per quanto concerne l’Italia, l’andamento economico migliore delle attese che ha contraddistinto anche l’ultima parte
dell’anno, ha portato a un rialzo delle stime di crescita: dal +3,4% di settembre al +3,9% di dicembre, secondo
Prometeia. Ed anche per il 2023, nonostante le molte sfide, la previsione è stata elevata al +0,4% (dunque un valore più
alto della media dell'Eurozona) rispetto al precedente +0,1%. Merito degli interventi strutturali e degli effetti prolungati
delle politiche di bilancio che, negli ultimi anni, hanno contrastato la recessione sostenendo imprese e famiglie. Evitata,
dunque, la recessione tecnica in questo inverno, per il prossimo anno si prevede un sostanziale stop alla crescita del PIL
come prezzo macroeconomico pagato alla crisi del gas legata al conflitto in Ucraina.
Nel 2022 positiva è stata la dinamica della domanda interna, con il contributo principale della spesa delle famiglie
(+1,6%), assieme a quella degli investimenti (+0,2%), trainati dalla sola componente dei beni strumentali dato che le
costruzioni, dopo sei trimestri consecutivi di forte crescita, hanno registrato per la prima volta un rallentamento; dinamica
positiva che trova conferma nell’andamento dei climi di fiducia di consumatori e imprese: a dicembre 2022 l’Istat ha infatti
stimato un aumento di entrambi gli indici, con la fiducia dei consumatori passata da 98,1 a 102,5 e l’indice composito
della fiducia delle imprese passato da 106,5 a 107,8; positiva anche la dinamica della domanda estera, trainata, in
particolare, dall’export di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici; prodotti petroliferi raffinati; metalli di base e
prodotti in metallo (con l’esclusione di macchine e impianti).
Va segnalato tuttavia che, per la prima volta dal 2012, il saldo italiano delle merci si è portato in territorio negativo,
principalmente a causa del forte ridimensionamento dell’avanzo del comparto manifatturiero per vie del peggioramento
delle ragioni di scambio e della crescita più elevata delle importazioni rispetto alle esportazioni. Resta inoltre ampio il
deficit energetico, per quanto a ottobre (ultima rilevazione disponibile) si sia ridotto rispetto al mese di settembre, con
conseguente ridimensionamento del deficit commerciale.
In merito alle previsioni per il 2023, si attende anzitutto una forte decelerazione del ritmo di espansione dei prezzi
all’import, complice il progressivo rientro dei prezzi dei prodotti energetici e, in primo luogo, dell’energia elettrica, a
beneficio dell’andamento dell’inflazione, prevista al 5,8% nel 2023 (contro l'8,4% del 2022). Pur nell'ipotesi del rientro dei
prezzi del gas a partire dalla prossima primavera, secondo Prometeia i costi energetici rimarranno comunque
strutturalmente più alti rispetto al passato, e famiglie e imprese dovranno adattare le proprie abitudini di consumo a
questo cambiamento. L'inflazione, inoltre, continuerà a colpire gli operatori con intensità differente: chi potrà trasferire a
valle gli aumenti dei costi subiti a monte continuerà a farlo, con la conseguenza che saranno soprattutto le famiglie a
sopportarne il peso, in primis quelle a più basso reddito e risparmio, ma anche i nuclei con lavoratori dipendenti, dato
che i salari non stanno seguendo il trend di crescita dei prezzi.
Nonostante ciò, è auspicabile che la politica monetaria non sia troppo restrittiva, pena il rischio di generare una vera
recessione, anche se gli orientamenti della BCE sembrerebbero muoversi proprio in questa direzione, con l’anticipazione
di nuovi significativi rialzi dei tassi per combattere l’inflazione ritenuta ancora troppo alta, con pregiudizio per l’Italia che
rischierebbe di pagare un costo molto elevato, mettendo ulteriormente a repentaglio la crescita e richiedendo interventi
correttivi.