C'è un nuovo alleato contro l'inquinamento atmosferico in città. Il progetto Passepartout realizzerà il primo sistema 3D per il monitoraggio degli inquinanti in un’area urbana grazie a un sistema IOT di sensori di gas ottici montati su stazioni fisse, su veicoli circolanti e su un drone. Vincenzo Spagnolo e Pietro Patimisco, docenti accademici di Fisica a Bari, spiegano i dettagli del progetto e il ruolo del Dipartimento interateneo “Michelangelo Merlin” del capoluogo pugliese.
Qual è l'ispirazione di Passepartout?
S: Abbiamo messo assieme una serie di conoscenze per creare soluzioni innovative, in un gruppo di ricerca che è leader mondiale nella realizzazione di sensori ottici di gas. E da un paio d'anni ci frullava in testa l'idea di un drone che possa misurare le concentrazioni di gas.
Drone ma non solo: come affrontate l’inquinamento atmosferico?
P: Fornendo dati e numeri a chi deve risolvere il problema. Ma anche idee come gli “smart lights”, i semafori intelligenti che regolano il traffico in base alla concentrazione di sostanze nocive nell'aria.
Ambiti di applicazione?
S: Intanto, quello legato alla call del progetto, ovvero un network di sensori per rilevare l’inquinamento in città, tramite stazioni fisse (semafori), mobili (sui bus) e drone, che aiuteranno a creare modelli di studio e a favorire soluzioni. Ma non solo. I droni potrebbero essere usati per rilevare le perdite lungo i metanodotti, l’eventuale presenza di gas tossici in zone di guerra, la composizione dell'aria in prossimità di ciminiere, l'emissione di SO₂ delle navi da crociera all'ingresso nei porti, la concentrazione di metano nelle discariche.
Qual è l'aspetto più innovativo del progetto?
P: Prendere una tecnica consolidata in ambiente di laboratorio e metterla al servizio della collettività. Stiamo già pensando allo sviluppo di un'App, gratuita, per sapere tramite smartphone quanto è inquinata una zona e avere il buon senso di evitarla. E stiamo già ipotizzando un'interazione con Google Maps, che potrebbe consigliare percorsi alternativi.
S: A livello tecnico la novità è che, rispetto ai tipici sistemi realizzati in laboratorio, vorremmo realizzare sensori che utilizzano fino a tre laser per rilevare diversi gas contemporaneamente.
Tempistiche del progetto?
S: Il progetto durerà 42 mesi e negli ultimi sei sono in programma i test in due città, Bari e Cork (Irlanda), nel porto di Bari e in una discarica.
Quali sono i costi del progetto e quali le voci più onerose?
P: I costi maggiori sono legati allo sviluppo delle sorgenti laser, alle fibre e all’elettronica compatta da realizzare ex-novo, oltre ovviamente al costo del personale. Parliamo di laser di nuova generazione e ne serviranno diverse decine.
Qual è stato il ruolo dell'Università e del Politecnico di Bari?
S: Le attività principali di sviluppo dei sensori si svolgeranno nel laboratorio PolySense, un laboratorio pubblico-privato del Dipartimento interateneo di Fisica dell’Università e del Politecnico di Bari. PolySense è leader mondiale per lo sviluppo di sensori ottici compatti ed ultrasensibili. È qui che nasce l'idea ed è qui che saranno sviluppati i sensori.