Mari e oceani occupano circa il 70% della superficie terrestre. Una riserva di energia inesauribile, dal potenziale enorme: l’Agenzia Internazionale per l’Energia stima che il potenziale dell’energia del mare, in tutto il mondo, possa generare tra i 20.000 e i 90.000 TWh di elettricità all’anno. Stiamo parlando di Twh, ovvero di miliardi di kWh.

Molti Paesi hanno compreso l’importanza di questa fonte rinnovabile - ancora poco utilizzata se paragonata al vento e al sole - e si stanno dando da fare per produrre energia sfruttando le onde, le correnti, le maree o il gradiente di temperatura.

La Scozia è uno di questi. Nel Pentland Firth, tra le isole Orcadi e Caithness, un impianto che sfrutta l’energia delle maree ha fatto registrare un record mondiale, producendo 700 MWh di elettricità, energia che ha alimentato le case di circa duemila famiglie scozzesi. Curiosità: l’impianto in questione conta soltanto due turbine. Se i flussi di marea che si incontrano tra l’Atlantico e il Mare del Nord fossero sfruttati in modo adeguato, l’energia raccolta potrebbe soddisfare il 50% del fabbisogno energetico della Scozia.

E l’Italia? Il nostro Paese, con i suoi 8.000 chilometri di costa, avrebbe una predisposizione naturale per lo sfruttamento di questo tipo di energia.

La Sardegna, in particolare, possiede il potenziale più alto di tutto il Mediterraneo: è stato calcolato che, per ogni metro di costa, potrebbero essere prodotti 13 kW di energia.

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In tutta Europa, insomma, c’è una risorsa che è ancora da esplorare. Niente lo spiega meglio delle parole di Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio ENEA di modellistica climatica e impatti: «Oggi in Europa la produzione di energia dalle onde soddisfa lo 0,02% della domanda complessiva. Ma se, come previsto, si arrivasse a coprire il 10% del fabbisogno energetico europeo con lo sfruttamento combinato delle maree, entro il 2050 sarebbe possibile sostituire 90 centrali a carbone, un terzo degli impianti oggi in funzione in Europa».