Edison riaccende il dibattito su "cambiamenti climatici e impatti geopolitici" in vista della COP21
Milano, 2 ottobre 2015 – A due mesi dalla Conferenza delle Parti sul clima (COP21) Edison riaccende il dibattito sulle ripercussioni che il riscaldamento globale ha sugli assetti economici, sociali e ambientali con un incontro dal titolo “Cambiamenti climatici e impatti geopolitici”. A parlarne sono importanti ospiti nazionali e internazionali in un seminario volutamente aperto al pubblico per aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica su questi temi e favorire l’adozione da parte delle Istituzioni di misure concrete per contrastare l’aumento della temperatura terrestre.
Dopo il saluto introduttivo di Bruno Lescoeur, Amministratore Delegato di Edison, e di Bruno Pasquino, Commissario Generale di Expo, la giornata di lavori prevede due tavole rotonde. La prima, moderata da Silvia Francescon del Consiglio europeo per le relazioni estere, analizza gli effetti che un possibile accordo internazionale sui cambiamenti climatici potrebbero avere sulle dinamiche geo-politiche e la sicurezza globale; la seconda, moderata da Marco Margheri, direttore Affari Istituzionali di Edison, affronta il nodo di come le imprese che operano in mercati e Paesi diversi possono conciliare le loro strategie di sviluppo industriale con le politiche di de-carbonizzazione stabilite dai Governi e le esigenze di competere a livello internazionale, imposte dal mercato.
Tra gli ospiti intervengono Leena Srivastava, direttrice esecutiva di TERI (l’organizzazione per lo sviluppo sostenibile fondata da Rajendra Pachauri, l’economista premio Nobel per la pace), Tebaldo Vinciguerra, Officiale del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha contribuito alla stesura della lettera enciclica “Laudato Sì”, Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente, Marta Dassù, direttrice Affari Internazionali dell’Aspen Institute, Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. Il seminario si chiude con un dialogo fra Lucio Caracciolo di Limes e Francesco Rutelli, presidente della fondazione “Centro per un Futuro Sostenibile”.
“I temi dei cambiamenti climatici e della disponibilità delle risorse sono intimamente legati al settore dell’energia che condivide la responsabilità di accompagnare la società nel suo sviluppo futuro e nel percorso di decarbonizzazione – dichiara Bruno Lescoeur, Amministratore Delegato di Edison -. Il settore dell’energia deve essere parte della soluzione ed Edison, assieme a tutto il Gruppo EDF, vuole essere in prima fila assicurando un mix di generazione a basse emissioni di CO2”.
L’obiettivo di contenere entro il 2050 l’aumento della temperatura terrestre sotto la soglia dei 2°C, comporta la stabilizzazione della concentrazione in atmosfera del biossido di carbonio (CO2) intorno a 450 ppm (parti per milioni), valore limite oltre il quale gli effetti dei cambiamenti climatici potrebbero essere difficilmente controllabili. Le molecole di carbonio persistono in atmosfera per un periodo compreso fra 50 e 200 anni e queste, insieme ad altri composti chimici, sono tra le principali responsabili del riscaldamento della terra perché vanno a ostacolare il normale bilanciamento tra le radiazioni solari in entrata e la radiazione infrarossa in uscita. Ogni anno in tutto il mondo vengono emesse circa 55 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente, di cui 35 miliardi derivano dalla combustione di carbone e petrolio e 3,5 miliardi dalla distruzione di foreste per la conversione a uso agricolo dei terreni.
Il nostro carbon budget compatibile con l’obiettivo di un aumento della temperatura di 2°C si sta rapidamente esaurendo: il “patrimonio” di CO2 a nostra disposizione si è ridotto di circa 1.900 miliardi di tonnellate tra il 1870 e il 2011 lasciando un residuo di 1.000 miliardi di tonnellate. Questa è la quantità di anidride carbonica che possiamo ancora produrre per non correre il rischio di un innalzamento della temperatura superiore ai 2°C.
Già oggi il cambiamento climatico ha inasprito alcuni aspetti connessi allo sviluppo socio-economico dei Paesi più poveri tradizionalmente esposti al rischio della limitazione delle risorse naturali, della desertificazione e siccità, della scarsità di cibo, della disponibilità di suolo fertile per uso agricolo, dell’accesso all’energia, della migrazione delle popolazioni. Un aumento della temperatura di 4 gradi provocherebbe un dimezzamento dei raccolti dell’Africa con un inevitabile ricaduta in termini di tensioni sociali e di inasprimento dei confitti.
La COP21 che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre 2015, sarà il luogo dal quale dovranno arrivare le risposte in termini di nuova strategia di mitigazione delle emissioni climalteranti, in sostituzione di quella di Kyoto del ‘97. In questo ambito appare significativo indagare le strategie che i 195 paesi che partecipano alla COP21 metteranno in campo.
La configurazione geopolitica mondiale sta cambiando assetto in vista della Conferenza di Parigi, spinta dall’esigenza di costruire alleanze che possano risultare efficaci sia per adottare modelli energetici orientati alla de-carbonizzazione, sia per definire strutture di mercato indirizzate alla crescita sostenibile della società e dell’industria.
Già si colgono alcuni significativi segnali. Da una parte si trovano schierati Usa e Cina che, bilateralmente, hanno assunto, nel novembre 2014, impegni congiunti di lotta contro le alterazioni del clima: impegni rafforzati il 25 settembre scorso con un “Joint Presidential Statement on Climate Change” fra i presidenti Obama e Xi Jinping.
L’approccio bilaterale adottato dagli USA per acquisire consensi nel processo negoziale della COP21, si evidenzia anche con la recente collaborazione avviata con il Brasile attraverso un impegno diretto di Dilma Rousseff per superare le sfide poste dai cambiamenti climatici. Dall’altra parte si trovano i Paesi in via di sviluppo, quelli che per motivi di latitudine registrano con maggior forza i fenomeni associati alle alterazioni climatiche e che prediligono strategie più globali finalizzate all’attivazione di risorse finanziarie come il “Green Climate Fund” che garantirebbe loro le risorse utili a implementare misure di adattamento a tutela dei propri territori compensando gli effetti dei cambiamenti che stanno subendo senza averli determinati.
Fra i due blocchi geopolitici si colloca l’Unione Europea che si presenta a Parigi con l’intenzione di far valere la propria strategia al 2030 di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40% rispetto al 1995.
“Cambiamenti climatici e impatti geopolitici” è il secondo appuntamento di un ciclo di tre seminari che Edison Open 4EXPO dedica all’approfondimento e alla riflessione su questo tema tanto scottante quanto controverso in preparazione alla COP21. Il prossimo incontro, in programma giovedì 15 ottobre, tratterà de “La Regione Mediterranea e la sfida dei cambiamenti climatici”. Il primo appuntamento è stato dedicato al tema della risorsa idrica e all’impatto dei cambiamenti climatici sulla disponibilità e sulla qualità dell’acqua.
Al climate change è dedicata anche una mostra di cartografia dal titolo “La natura non è un soffio”, realizzata in collaborazione con Limes nell’ambito di Edison Open 4EXPO, che rimarrà aperta al pubblico fino a domenica 4 ottobre alla Rotonda della Besana (Museo dei Bambini Milano).
Edison Open 4EXPO è il ricco calendario di eventi con cui la società energetica contribuisce a stimolare la riflessione sulle tematiche più vicine alla sua identità: sostenibilità, innovazione, crescita economica e sociale. Durante i 6 mesi di Expo,1 Edison ospita prestigiosi economisti, scienziati, i più noti opinionisti, gli sportivi, artisti italiani ed internazionali, completando in questo modo l’offerta culturale del Comune di Milano, di cui è partner con Expo in Città.
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Edison
Edison è tra i principali operatori in Italia ed Europa nell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia elettrica, gas e petrolio. Con i suoi 130 anni di storia ha dimostrato di essere un’impresa all’avanguardia, contribuendo all’elettrificazione e allo sviluppo dell’Italia. Oggi opera in 10 paesi nel mondo in Europa, Africa, Medio Oriente e Sud America, impiegando 3.100 persone.
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