Intervista a Marc Benayoun - "Corriere della Sera" 24 aprile 2016

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Ex Boston Consulting, da sette anni in Edf e da dicembre amministratore delegato di Edison, il 49enne Marc Benayoun ha un compito delicato: rilanciare il terzo gruppo nazionale dell’energia (di cui il colosso francese ha il 99,5%) in un momento difficile, con prezzi e consumi di petrolio e gas che stentano a ripartire. Spinta sul mercato retail, innovazione, acquisizioni, apertura del capitale, sono alcuni dei cardini del piano che il manager francese intende realizzare nei prossimi quattro anni. Intanto ha assistito con una certa preoccupazione al referendum no-triv di domenica scorsa. “Il sì ­– spiega ‑ avrebbe avuto per noi un impatto economico negativo ma ancora più avrebbe reso impossibili gli investimenti per tutto il settore. Non credo che questo sarebbe stato un bene per l’Italia”.

Edison in Italia viene dopo Eni e Enel, ma l’impressione è che si trovi senza una direzione strategica precisa. Per Edf doveva diventare il braccio operativo nel gas. E’ ancora così? E l’azionista fino a che punto è in grado di sostenervi?

“Rispondo con tre argomenti. Il primo: Edison gode di buona salute finanziaria, e questa è stata la prima positiva sorpresa che ho avuto. I margini non sono gli stessi di 4 o 5 anni fa ma sono pur sempre pari a 600 milioni l’anno. Il rapporto con il debito è pari a uno, un livello impressionante se si pensa alle difficoltà del settore. E senza contare gli effetti del miliardo incassato con la rinegoziazione del contratto gas con l’Eni”.

Ma la strategia qual è?

“Per Edf la questione della piattaforma del gas è ancora d’attualità. Il gruppo vende 25-28 miliardi di metri cubi, 16 dei quali in Italia. Insomma, fuori dall’Italia Edf ha parecchio lavoro da fare. La strategia di gruppo al 2030 punta sull’energia a basse emissioni di CO2: una transizione che in Italia non può prescindere dal gas. E infine, terza questione: vogliamo crescere nella parte commerciale dell’attività, nella vendita di energia ai clienti retail in vista della fine del mercato tutelato. In questo contesto c’è l’opportunità di partecipare al processo di consolidamento del mercato italiano e di sviluppare la nostra offerta “dual fuel”, che combina elettricità, gas e servizi innovativi. Lo spazio c’è, visto che abbiamo 1,3 milioni di clienti e una quota di mercato del 3%”.

Con quale obiettivo?

“Triplicare i clienti in 4 anni. Puntando su innovazione, energia a basse emissioni di CO2, ma anche  su crescita organica e, se ce ne fosse l’opportunità, con operazioni straordinarie”.

Il pensiero va ovviamente alla divisione gas&power dell’Eni e ai suoi 7 milioni di clienti. Ci sono trattative?

“E’ un processo che non è ancora iniziato, l’Eni non ha ancora preso decisioni in proposito perché intende migliorare la performance operativa della sua attività. Se la vendita sarà avviata saremo pronti a studiare e fare un’offerta interessante”.

E nel frattempo?

“Ovviamente non possiamo solo aspettare, potrebbero presentarsi altre opportunità visto che non sono molti gli attori del mercato energetico che hanno la massa critica per poter continuare ad essere competitivi sul mercato retail”.

Come E.On e Engie?

“Diciamo che non tutti resteranno in Italia nei prossimi 3 anni. Alla fine saremo al massimo una decina”.

Ipotizziamo che riusciate a centrare l’obiettivo di clientela, Edf farà la sua parte sostenendo l’espansione?

“Mettiamola così: cerchiamo un partner italiano. Siamo in grado di autofinanziare una crescita organica ma visto che non escludiamo un’operazione straordinaria, siamo pronti ad aprirci. Abbiamo una discussione in corso che potrebbe riguardare circa un quarto del capitale”.

Con F2i?

“Con F2i abbiamo già fatto passi importanti nelle energie rinnovabili. E’ una buona soluzione, ma potremmo anche attrarre altri investitori di tipo finanziario con una visione di lungo termine. Non è necessario per Edf mantenere il 99,5% di Edison”.

Edf potrebbe scendere addirittura sotto il 50%? E pensate a tornare in Borsa?

“Ritengo che Edf continuerà a restare sopra il 50%, anche con una eventuale quotazione delle azioni ordinarie in Borsa. E’ un processo in sequenza: se ci sarà un’operazione straordinaria nel 2016 o nella prima parte del 2017 ciò non avverrà senza l’ingresso di un partner nel capitale. E se il contesto lo consentirà, o ci saranno altre occasioni per investire, potremo pensare alla quotazione, più o meno nel 2018-19”.

Quanto alle cessioni, volete alleggerire le vostre posizioni nell’esplorazione e produzione di idrocarburi?

“E’ così, ma solo al di fuori dell’Italia e dell’area mediterranea”.

Anche in Egitto e in Norvegia?

“In Egitto la vendita di una quota del giacimento di Abu Qir è frenata dalla non convertibilità della lira egiziana. Per la Norvegia aspettiamo di vedere che direzione prenderà il prezzo del barile”.

E poi ci sono i gasdotti. Siete impegnati con Gazprom e la greca Depa sul Poseidon. Ma che cosa vi fa pensare che l’Ue non metta i bastoni tra le ruote come ha fatto per South Stream?

“Siamo fiduciosi perché puntiamo a diversificare sia le rotte che i fornitori. L’idea è che Gazprom non sia l’unico fornitore di gas del progetto, e nel medio termine puntiamo al bacino del Levante mediterraneo.

Lei è da pochi mesi alla guida di Edison, che impressione le fa lavorare in Italia?

“Sono contento di essere qui e la mia impressione è che l’Italia sia un Paese che si sta rimettendo in moto, grazie all’operato del suo governo. C’è un’energia di rinnovamento che non vedo negli altri Paesi europei”.

 

Stefano Agnoli (“Corriere della Sera” 24 aprile 2016)

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