Jean-Bernard Lévy: “EDF ha superato gli ostacoli” - "Le Figaro" 14 febbraio 2017

“Di tutte le grandi aziende produttrici di energia in Europa, EDF è una delle poche che hanno registrato risultati positivi ogni anno dopo la crisi del 2008”
 

LE FIGARO. Martedì EDF pubblica i risultati aziendali annuali. Il bilancio di un anno da “galera”?

Jean-Bernard LÉVY. – Diciamo piuttosto un anno burrascoso. EDF ha dovuto affrontare una serie di difficoltà. Alcune, come il livello del debito, le avevo già identificate appena arrivato qui. Altre erano imprevedibili, come i problemi di qualità di fabbricazione rilevati presso il nostro partner e che colpiscono il nostro parco impianti, o la speculazione sui prezzi approfittando dei meccanismi di garanzia imposti a EDF. Ma EDF ha superato questi problemi uno dopo l’altro, e continua a fare progressi. La decisione finale presa l’estate scorsa di costruire due reattori EPR nel Regno Unito dimostra che continuiamo ad andare avanti. Pensiamo anche al lancio dell’aumento di capitale, confermato lunedì dal consiglio d’amministrazione.

Questo aumento di capitale rappresenta un segnale di svolta?

La svolta più importante è avvenuta la primavera scorsa quando, nel nuovo contesto di prezzi all’ingrosso bassissimi, l’azienda ha definito una nuova traiettoria finanziaria su cinque anni. Ci siamo posti degli obiettivi di cessioni, di riduzione dei costi e di controllo del debito. Lo Stato si è impegnato a sostenere il nostro patrimonio netto con 8 miliardi di euro: 4 miliardi di aumento di capitale (di cui 3 miliardi conferiti dallo Stato) e circa altri 4 miliardi sotto forma di pagamento di un dividendo in azioni per tre anni consecutivi. Gli scettici all’epoca dubitavano che fosse possibile, ma sono stati smentiti dai fatti. Consolidata e con una gestione finanziaria più rigorosa, EDF ha i mezzi necessari per realizzare le sue ambizioni, sia sul piano nazionale che internazionale. Dobbiamo rassicurare i Francesi: EDF, che per il Paese è un punto fermo della competitività delle nostre imprese mentre, per le famiglie, rappresenta il garante del loro potere di acquisto a prezzi contenuti, esce da questo periodo movimentato con una strategia chiara, con i mezzi adeguati per metterla in atto e accogliere le sfide che le si presentano in termini operativi e strutturali.

Sul piano finanziario, però, EDF è ancora fragile, come si può evincere dalla sua quotazione in Borsa...

Riguardo al bilancio, l’obiettivo resta quello di fermare l’aumento del debito, e stiamo dimostrando che è possibile. In termini operativi, i risultati del gruppo risentono della flessione dei prezzi di mercato, verificatasi all’improvviso proprio nel momento in cui vi siamo maggiormente esposti. Già a dicembre avevamo previsto che i nostri risultati avrebbero risentito di questo elemento. Nel 2017 si raggiungerà il minimo, e il 2018 sarà già l’anno della ripresa. E ricordate che, di tutte le grandi aziende produttrici di energia in Europa, EDF è una delle poche che hanno registrato risultati positivi ogni anno dopo la crisi del 2008.

Quanto vale questa promessa, in particolare per gli investitori che chiamate a sottoscrivere un aumento di capitale, a tre mesi dalle elezioni presidenziali? I candidati non hanno lo stesso programma sulle politiche energetiche.

Naturalmente la questione è oggetto di un intenso dibattito, ma mi sembra che nessuno contesti il cammino definito dall’azienda. Le tre priorità che si è posta EDF, nell’ambito della strategia Cap 2030, sono note: l’innovazione e lo sviluppo di nuovi servizi a vantaggio dei clienti e dei territori, il riequilibrio del mix energetico tra nucleare e rinnovabili e lo sviluppo internazionale, soprattutto in ambito extraeuropeo.

Ma a seconda che il prossimo presidente voglia o meno applicare la legge di transizione energetica e, soprattutto, a seconda che voglia o meno procedere al rinnovo del parco nucleare, non cambierà tutto per EDF?

EDF applica la legge. Se il prossimo quinquennio segnerà un cambiamento della politica energetica rispetto a quello che sta per concludersi, l’azienda si adeguerà. Se la legge cambia, dovremo adattarci, continuando tuttavia a difendere gli interessi dell’azienda, come abbiamo sempre fatto, anche di recente. In ogni caso, io continuerò a difendere le tre priorità strategiche di Cap 2030.

Per il momento, difendere gli interessi dell’azienda significa forse non chiudere Fessenheim come chiede l’attuale governo?

A fine gennaio, il consiglio d’amministrazione ha accettato le modalità di indennizzo da parte dello Stato, ma ha constatato di non poter deliberare in merito alla richiesta di chiusura ove non fossero soddisfatte tre condizioni. La prima – relativa al reattore Paluel 2 – è stata soddisfatta. Restano l’estensione del termine dell’autorizzazione alla costruzione dell’EPR di Flamanville, e l’accordo di Bruxelles sulle modalità di indennizzo. Nel momento in cui queste condizioni preliminari saranno realizzate, il consiglio si riunirà entro quindici giorni. Le cose si fanno seguendo un ordine logico.

Il “nuovo mondo” dell’energia si annuncia decentrato, con piccole strutture di produzione e secondo l’ottica dell’autoconsumo. EDF non è fondamentalmente inadeguata rispetto a questo contesto in evoluzione?

Di fatto questa per noi è una sfida. Dobbiamo riuscire a dimostrare (e lo faremo) che EDF può anche essere un importante attore della produzione decentrata. Sarà necessario far funzionare al tempo stesso il sistema altamente gerarchizzato e centralizzato di EDF, efficace ma uniforme, con un ecosistema emergente, più improntato al partenariato, di tipo decentrato, digitale. Su questo fronte stiamo già mettendo a segno qualche successo: ad esempio, EDF è uno dei principali attori nel campo della mobilità elettrica. Stiamo lavorando anche sui sistemi di stoccaggio, sulle batterie, sulla gestione dell’intermittenza. In termini generali, stiamo ampliando il nostro ventaglio di competenze in questo nuovo mondo, che contribuiamo a costruire.

La Corte dei conti ha da poco pubblicato un rapporto che sottolinea le contraddizioni dello Stato azionista. Dal punto di vista di EDF, come la pensate in proposito?

Ogni tipo di azionariato, che sia pubblico, privato, familiare, basato su fondi d’investimento o altro, crea un gioco di vincoli con cui l’azienda e i suoi dirigenti devono fare i conti. Per EDF, la questione riguarda al tempo stesso lo Stato e gli investitori del mercato. Ecco come stanno le cose, per EDF e per me. Dopo molti anni, mi sento di poter confermare che lo Stato è per sua natura complesso. Ma posso solo apprezzare il sostegno, costante e concreto, che dà a EDF e alla strategia che noi difendiamo.

Alla fine della scorsa settimana, in un edificio della centrale di Flamanville si è verificato un inizio d’incendio. Si tratta di un’altra dimostrazione dello stato di fragilità della filiera nucleare, dopo che è stata messa in discussione l’integrità di diversi stabili dell’impianto di Creusot?

Un incidente in una centrale non va sicuramente mai sottovalutato. Ma questo caso dimostra chiaramente che dobbiamo combattere nei confronti di una serie di controverità, veicolate per convincere i francesi della validità di alcune tesi. Viviamo in un mondo di “fake news” e il nucleare ne è colpito in modo particolare. Questo incidente, avvenuto al di fuori della zona nucleare, è stato tenuto sotto controllo dalle squadre di dipendenti EDF utilizzando semplici estintori e, fortunatamente, non ci sono stati feriti. Come si giustifica la risonanza che ha avuto? Bisogna dire la verità ai francesi. Sulle nostre difficoltà e sui nostri successi. L’attività del parco nucleare ha sicuramente risentito dell’esecuzione dei test, indispensabili una volta individuati i problemi di segregazione del carbonio. Tuttavia, se escludiamo questi elementi, il nostro parco ha registrato un’annata migliore, con un tasso di fermi non programmati ai minimi storici. Come per tutte le altre questioni, risolviamo di volta in volta i problemi tecnici che si presentano. Abbiamo condotto diverse serie di prove e oggi siamo convinti che la sicurezza di tutte le nostre centrali sia garantita, anche se alcune componenti presentano tassi di concentrazione di carbonio superiori a quelli previsti, cosa che, semplicemente, evidenzia i margini di sicurezza degli standard applicati. E presto, ne sono sicuro, potremo affermare che l’EPR, a Taishan in Cina, come successivamente a Flamanville, funziona a dovere.

EDF ha da poco rivisto al rialzo il proprio programma di riduzione degli organici, che ormai prevede la soppressione di oltre 5000 posti di lavoro nel triennio 2017-2019. È una scelta necessaria per conseguire i vostri obiettivi di riduzione dei costi?

Siamo perfettamente in linea con l’iter del programma di riduzione dei costi di un miliardo di euro deciso per il periodo 2015-2019. La gestione controllata degli organici è una delle leve che contribuiscono a questo obiettivo, ma le assunzioni non sono affatto congelate; al contrario, quest’anno il gruppo prevede l’assunzione in Francia di quasi 3000 persone. La nostra azienda, un tempo monopolistica, deve continuare sulla strada della riduzione dei costi di esercizio. Deve adattarsi alla concorrenza, alle condizioni di eccesso di capacità, alla nuova situazione del settore energetico. E lo fa, grazie ai suoi collaboratori competenti, coinvolti, fedeli ai valori del servizio pubblico. EDF è un’azienda che ottiene buone performance, sia sul piano operativo, come ha recentemente dimostrato massimizzando la produzione durante l’ondata di freddo, sia sul piano commerciale, come dimostra la netta maggioranza di imprese e di famiglie che ci danno fiducia anno dopo anno.

“Riguardo al bilancio, l’obiettivo resta quello di fermare l’aumento del debito, e stiamo dimostrando che è possibile”, spiega Jean-Bernard Lévy, AD di EDF.

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